Quando sei un alieno nella cultura del Paese che ti ospita
Vi è mai capitato di trovarvi catapultate in un mondo totalmente diverso dal vostro? In un universo quasi parallelo, in cui vi sentivate come degli alieni appena scesi dall’astronave? Ormai sono parecchi anni che viaggio e vivo all’estero, ma devo ammettere che, fino ad ora, non mi era mai successo. Certo, a volte ho trovato delle differenze molto marcate tra la mia cultura e quella del paese che mi stava ospitando, ma prima di passare un mese in Cina, grazie ad una borsa di studio vinta con l’Istituto Confucio di Roma, ero sempre riuscita a trovare un punto di contatto.
Ma non pensiate che io la ritenga una cosa brutta, anzi! È stata un’esperienza del tutto nuova che mi ha insegnato tanto, sia sulla cultura cinese che su di me e sul modo che ho di approcciarmi ai viaggi.
Oggi vi racconterò di come è stato per me vivere in Cina, delle stranezze che mi sono rimaste più impresse e del perché, nonostante tutto, rifarei questa esperienza altre 1000 volte.
Il primo grande ostacolo: la lingua
Anche se è vero che studio cinese e che mi trovavo all’Università di medicina tradizionale di Nanchino perché ho vinto una borsa di studio, trovarmi faccia a faccia con persone con cui era praticamente impossibile comunicare in inglese è stato un po’ uno choc per me.
Il fatto è che, conoscendo bene l’inglese, non ho mai dovuto sforzarmi troppo per capire e farmi capire, durante i miei viaggi. Ma i cinesi sono un popolo abbastanza chiuso e tendono a non saper parlare lingue diverse dalla loro.
I primi giorni in mensa, ad esempio, sono stati un vero disastro. Per non parlare della prima volta che abbiamo preso la metro, del primo biglietto per il museo o delle prime cose comprate nelle piccole viuzze dove è uso e costume contrattare con il commerciante. Diciamo pure che, in questo mese in Cina, ci sono state una serie di prime volte piuttosto difficili da gestire.
Il lato positivo? È così che si impara una lingua. Sono queste le esperienze grazie a cui apprendiamo veramente qualcosa su una cultura tanto diversa dalla nostra. Un mese non è tantissimo, è vero, ma posso dire di essere tornata a casa con una conoscenza del cinese (in tutte le sue sfaccettature) molto più vasta di quanto lo sarebbe stata dopo un anno intero di studio sui libri.
I cinesi e l’ossessione per le fotografie
Ci avevano avvisati. Ci avevano detto: “Vedrete che vi guarderanno come se foste degli alieni, soprattutto i bambini”. Ma ogni volta è stata un po’ una sorpresa. Durante il weekend lungo che abbiamo passato a Shanghai non ce ne siamo tanto resi conto, visto che lì ci sono molti più occidentali, ma a Nanchino bastava salire sulla metropolitana per sentirsi come dei vip. Tutti ci guardavano esterrefatti, con gli occhi sbarrati. E quando non ci scattavano le foto di nascosto, puntando il telefono verso di noi con fare disinvolto, ci si affiancavano super sorridenti e si facevano tantissimi selfie con questi “ragazzi occidentali” incontrati per caso.
Non dimenticherò mai un signore che ha letteralmente spinto la moglie in mezzo a me e ad un mio amico per fotografarla insieme a noi, proprio come se fossimo due attori davvero troppo famosi per accettare di farsi una foto per strada con due estranei.
Se devo essere sincera, però, questa cosa non mi è affatto dispiaciuta. Non mi disturbava sentirmi osservata mentre camminavo o mentre ero in piedi in metropolitana, perché negli sguardi di quelle persone non c’era niente di viscido o di sinistro: era pura e semplice curiosità.
E poi mi fa davvero sorridere pensare che sarò nelle foto ricordo, foto che probabilmente verranno mostrate ad amici e parenti, di gente che non conosco.
Il cibo
Veniamo alla parte finale di questo articolo, nonché la più dolorosa per me: il cibo.
Nonostante si possa decisamente dire di me che sono una persona che si adatta, specie quando si tratta di assaggiare cose nuove in posti nuovi, non ho problemi ad ammettere che non ho un bel ricordo delle cose che ho mangiato. Un po’ perché quasi tutti i miei pasti li ho consumati nella mensa dell’università (si sa, le mense delle scuole non sono proprio dei posti in cui si riesce ad apprezzare la buona cucina) e un po’ perché non sono la più grande fan del mondo di riso bianco e zuppette: passando un mese in Cina ho abbastanza sofferto la fame.
Le prime due settimane ordinavo letteralmente cose a caso, indicandole sui tabelloni bianchi che avevo davanti. Poi ho iniziato a riconoscere alcune cose che mi piacevano, ma le ordinavo per due o tre volte di fila e poi mi stancavo.
Non che non abbia provato ad assaggiare tutto, ma dopo qualche bacchettata (ebbene sì, sono diventata una vera pro con le bacchette) mi stomacavano e non riuscivo mai a finire il piatto. Però ho scoperto che a Nanchino è illegale cucinare il cane, che i cinesi non mangiano assolutamente il coniglio e che, a quanto pare, la zuppa di tartaruga è una vera delizia.
In conclusione, nonostante abbia passato solo un mese in Cina, questa esperienza è stata davvero emozionante. Forse non è la mia prima scelta come posto in cui trasferirmi definitivamente, ma Nanchino è stata per un po’ la mia casa e conserverà per sempre un pezzetto del mio cuore.
Articolo di Rachele Faggiani – Expat Specialist del Club delle ragazze con la valigia
Rachele viaggia… da quando è nata! Le piace vivere all’estero per capire meglio le nuove culture e i piatti tipici, e se non è in viaggio ne ha sicuramente uno in preparazione.