Come si fa a spiegare a parole New York a chi non c’è mai stato?
I film ci prospettano solo una piccola parte della Grande Mela. Grattacieli che svettano circoscrivendo Central Park, il fumo che invade i taxi gialli e newyorkesi in abiti da lavoro che sgambettano in direzione del New York Times o del Financial District. Il Moma, gli incontri nei musei o nelle tavole calde che alle 6 del mattino sfornano i migliori bagel salati del mondo, i quartieri ebraici, Dumbo, gli scorci di C’era una volta in America. E poi Macy’s, gli addobbi natalizi a metà novembre o le zucche sulle scale a fine settembre.
Quando misi piede a New York cercavo tutto questo, ma volevo anche altro. Desideravo scovare i veri newyorkers, quelli che mangiano la pasta al formaggio seduti sulle scale di casa, quelli che vanno all’inaugurazione delle gallerie d’arte degli amici a Brooklyn, che scendono a comprare il giornale in vestaglia, che il 23 dicembre cercano un vero abete per strada. Volevo esplorare, indagare, capire la vita dei cittadini di New York, quasi tutti figli o nipoti di emigrati, imbattutisi in una nuova vita oltreoceano. Gente che ha abbracciato le tradizioni della città che li ha accolti, mai trascurando le proprie origini: ebraiche, arabe, sudafricane, italiane, spagnole che siano. Ebbene, ho assaggiato un pizzico di questa New York insolita, talvolta povera, altre volte ambiziosa e dominante. Lontano dal traffico, da Times Square e dalla 5th Avenue.
New York insolita: posticini intimi in cui sentirsi una newyorker
Questi, i posticini belli, o in cui sentirsi parte della city, lasciando in albergo i panni da turista e vestendo quelli di un abitante qualunque.
Sprazzi di quotidianità, da University Floral Design, in 10th Street, Greenwich Village
Il bello di girare Manhattan a piedi è imbattersi in queste chicche che sembrano uscite da un film, luoghi che però esistono davvero. Questo non è un semplice fioraio, ma una delle istituzioni in città dal 1928.
Una tradizione di famiglia che mette amore nel venire incontro alle idee più bizzarre dei loro storici clienti. Immagino ricche signore dell’Upper East Side che chiedono fiori per le loro serate di beneficenza, oppure uomini che chiedono bouquet di fiori per San Valentino, bambini che cercano le loro zucche per Halloween. Quando sono passati davanti a questa meraviglia, intere famiglie sceglievano la loro ghirlanda di Natale. Si respirava genuinità, condivisione, voglia di far festa tutti insieme. Ogni stagione porta in questo negozio infinite varietà di colori e di piante, di nastri e confezioni, sempre originali.
Street-art nel quartiere di Bushwick, nella Brooklyn settentrionale
Un po’ di vera America. Di case allineate con fuori la bandiera americana che, lungi dall’essere curate e sofisticate come quelle di Manhattan o bianche e romantiche come quelle degli stati del sud, hanno colori tenui che rievocano trasandatezza e richiamano lo stile grunge.
Sono grigie, spesso fatte di lamiere, ma così variopinte da gridare ribellione, voglia di cambiamento, libertà e creatività. È il ritrovo di chi non si sente compreso, di chi lavora con i colori, di chi mette a frutto la propria genialità attraverso la prospettiva nei murales.
Bushwick è la Dumbo degli anni Settanta, quando Bushwick era solo un agglomerato di case vecchie e a Dumbo si trasferivano i primi creativi che non potevano permettersi un affitto a Manhattan. Negozi vintage, jeanserie, strane birrerie e spazi aperti dedicati al freestyle affievoliscono quasi annullando quella vaga sensazione di pericolosità che fino a qualche anno fa aveva senso di esistere. Fiondatevi in questo quartiere fuori mano, prendete la linea L e scendete a Jefferson Avenue, al confine con Williamsburg e il Queens, per scoprire l’insieme delle culture inglese, olandese, ispanica che si influenzano vicendevolmente nella musica, nel cibo, ma soprattutto nella street-art vagamente pop.
Mangiare e bere sano, da Joe & The Juice, 67th Spring Street, Soho
Una delle esperienze più belle da fare a New York è esplorare a piedi Soho e l’East Village, per guardare da vicino la vita dei newyorkers all’interno dei negozi dell’usato, o degli artisti locali, delle librerie indipendenti e di stravaganti barber shop. Qui, dove ogni passione prende forma, dalla musica rock al decoupage, dalla vendita di orecchini fatti a mano a singolari varianti di tacos, ci si scrolla di dosso l’artificiosità della 5th Avenue.
Se volete fare uno spuntino veramente sano a New York, per evitare i soliti burger e hot-dog, ma senza spendere una fortuna, Joe & The Juice è il posto perfetto. Chiarisco subito che si tratta di una catena, ma qui la qualità dei tramezzini e degli smoothies (preparati al momento con svariate tipologie di frutta e verdura che potete mixare come volete) è elevatissima. La sede di Soho è unica, nella sua originalità: sulle pareti trovate fotografie d’artisti e le librerie dipinte sui muri, dietro i divanetti, creano un’atmosfera da salotto.
Il total black delle poltroncine e degli arredi è stemperato dai forti colori della frutta sui banconi e da lucine calde che rendono questo posto intimo e raccolto. Qui non ho trovato turisti con zainetto in spalla e Canon al collo, ma diverse coppie e gruppi di amici che si incontravano per trascorrere una serata insieme.
L’insolita vista dal Whitney Museum
Nel mezzo tra Chelsea e Greenwich Village c’è un museo che è un’opera d’arte già per come è costruito (vi ricordo che è stato progettato da Renzo Piano). È praticamente l’arte che contiene l’arte. Uno dei musei più famosi della città, ma evitato da alcuni turisti perché ospita l’arte contemporanea, quella che non tutti capiscono e apprezzano come si deve.
Circondato da collezionisti e scultori, da gallerie d’arte che riflettono lo spirito innovativo del Whitney Museum, è un museo che si trova in una parte di New York in cui negli anni ’10 del Novecento si muovevano i primi movimenti sociali che trasferivano nell’arte i problemi delle donne e dei lavoratori. Oggi, la chicca, che definisco tale perché è inspiegabilmente inusuale trovarvi molta gente, è la terrazza del museo. La vista è tra le più belle, insolite, su New York. Il Whitney affaccia sull’Hudson, sulla High Line, strada sopraelevata che da linea ferroviaria è divenuta parco cittadino, e sul quartiere del Meatpacking District, affascinante e dinamico con i caseggiati rosso mattone e le tipiche scale antincendio. Da lì viene spontaneo immaginare la vita che si muove dietro le tende di quelle case, dietro le finestre delle persone comuni.
Vintage ricercato nell’East Village, da Cobblestone’s
Durante il mio soggiorno a NY, mi sono recata nella 9th St., tra la 1st e la 2nd Avenue, perché la mia guida, ossessivamente sottolineata e stropicciata, mi indicava questo posto come la casa dei negozietti e cafè più strani, quelli un po’ stravaganti gestiti da gente con personalità di non poco interesse, e soprattutto sapevo fosse una via abitata dagli appassionati del vintage.
In particolare, mi imbattei in una tipografia super colorata, poi in Spark Pretty, negozio di giacche vintage che disegna su misura abiti per feste e spettacoli, tutto rosa pop e anni ’80, in un negozio di rammendi di orli e in un vintage barbershop. Uscendo, poi, dal negozietto delizioso di Verameat, gioielleria artigianale, dove ogni pezzo è un tesoro unico e personalizzato, mi trovai davanti un piccolo paradiso del vintage, Cobblestone’s.
Tenda nera, porticina bianca che ricorda i negozi di Portobello Road, una sola vetrina illuminata da un lampadario antico, e i piedi che fanno rumore sul parquet. E poi cappelli, stivali, scarpe spuntate, francesine, cappotti, cinture stipate in scatole di biscotti e camicette anni ’50. Il meglio del vintage newyorkese che se ne frega di essere trendy, gestito da un signore gentile ed esperto conoscitore della moda di ogni epoca.
Lo skyline da Hamilton Park, Weehawken, New Jersey
Ok, forse è un po’ lontano dalla city, ma il tramonto è pazzesco da qui, soprattutto perché i turisti non guardano quasi mai New York da un altro stato. Weehawken si trova esattamente oltre l’Hudson, oltre il Lincoln Tunnel, e in linea d’aria è di fronte al quartiere di Hell’s Kitchen. Raggiungibile solo in bus da Manhattan o in battello, è un quartiere residenziale del New Jersey molto tranquillo. Da lì il tragitto sul fiume sul Waterway Ferry è un’esperienza unica, tanto più emozionante quanto più la Grande Mela si avvicina.
Passeggiare nel quartiere di Harlem, ed entrare nel bagno – si, proprio nel bagno, avete capito – del Red Rooster
Lo chiamavano il quartiere nero, e in effetti nordafricani, sudafricani e sudamericani si trasferirono qui nel primo Novecento dando vita a diverse importanti comunità di New York, alcune molto credenti, fondatrici di grossi movimenti sociali e religiosi da cui emergono di continuo voci uniche nel panorama del gospel. Le chiese, i brunch nelle tavole calde, le casette coi mattoncini rossi, i campetti di basket, il teatro, l’Apollo, che custodisce il primo palco per artisti come Ella Fitzgerald e Louis Armstrong.
Anche Harlem è ormai nella lista del turista medio. Ma la vera bellezza è camminarci, allontanarsi dai punti di interesse che trovate nelle guide turistiche ed esplorare il quartiere, entrare in un qualsiasi supermarket, imbattersi nei mercatini, scovare musica blues e jazz nei piccoli bar. Il Red Rooster è un’istituzione nel quartiere e la domenica c’è da aspettare più di un’ora per il tipico brunch dopo la messa gospel, con il sottofondo di trombe e sax. È ormai un luogo commercializzato ma perfetto, suggestivo nel suo rievocare gli anni Cinquanta.
Al di là dell’ottimo cibo e della buona musica, al di là della folla, questo posto conserva ancora qualcosa di autentico, qualcosa che ridà vita alla vera Harlem: il bagno. Si, lì, in una piccola stanza bianca (pulita, ve lo assicuro!) è raccontata la storia di alcuni abitanti del posto attraverso vecchie fotografie, articoli di giornale e quadretti. Mi ha ricordato la spontaneità, l’onestà e il calore, di Pomodori verdi fritti alla fermata di Whistle Stop. Mi ha dato una finestra su uno spaccato di vita quasi dimenticato.
Un locale americano, frequentato da soli americani. Il Clinton Hall nel Financial District
Non lo trovate nella liste dei migliori hamburger di New York, e in effetti in caso contrario sarebbe invaso dai turisti quotidianamente. In realtà i panini, la fonduta e tutto ciò che ordinerete è buonissimo. Ma si presenta come una vera hamburgheria a servizio dei newyorkers che lavorano nel cuore del Financial District. Birre sui banconi (ne hanno ben 20 tipologie), tavoli spartani in legno, tv che trasmettono sport a ogni ora, stile industriale e accomodante senza pretese chic. Un pub in cui sentirsi a casa, dove se resti seduto per diverse ore nessuno ti infastidisce, perché i baristi sono abituati a chi, dopo il lavoro, vuole solo fare due chiacchiere con i colleghi sorseggiando un boccale gigante di birra e mangiando panini super calorici.
Scacchi, ping pong, freccette, biliardino rendono questo posto ancora più “veramente americano”, friendly, come se fosse direttamente uscito da una serie tv.
Se volete scoprire una New York insolita, beh, qui sicuramente la troverete!
Articolo di Carmela Cordova – Book Lover del Club delle ragazze con la valigia
Instancabile lettrice affetta da bibliomania. Laureata in Giurisprudenza, si divide tra tribunali e librerie. Ama i cottage inglesi, i mercatini locali, le città attraversate dai fiumi e i film degli anni Cinquanta.