Realizzata dall’Archivio Storico della Biennale – ASAC, la Biennale di Venezia 2020, per la prima volta nella storia, è curata da tutti i direttori artistici (Arte, Architettura, Cinema, Danza, Musica, Teatro). Collaborano l’Istituto Luce-Cinecittà, Rai Teche e altri archivi nazionali e internazionali.
La Biennale di Venezia 2020: in mostra fino all’8 dicembre
La Biennale di Venezia 2020 ha trovato un modo diverso per dare un senso ancora più forte al particolare periodo che stiamo vivendo, caratterizzato da una sensazione di vuoto e sospensione. L’Istituzione veneziana apre i suoi Archivi e si fa specchio della storia. Il confronto con la realtà del presente la rende sempre attenta e reattiva nei confronti di ciò che accade. I molti eventi che hanno creato crisi politiche e istituzionali, ribellioni artistiche e manifestazioni sociali diventano così parte di uno stesso racconto.
“Le muse inquiete”
“Le muse inquiete” il titolo della Biennale di Venezia 2020, rimanda alle “Muse inquietanti” di Giorgio de Chirico, del 1916. In questo dipinto, esposto per la prima volta alla Biennale del ’48, è rappresentato uno spazio quasi mentale, metafisico. Sullo sfondo il Castello Estense di Ferrara, vicino una ciminiera di una fabbrica, in basso su un palcoscenico in bilico, le Muse ispiratrici dell’Arte, dei manichini. Su tutto aleggia un’atmosfera immobile e silenziosa, inquietante. Questa è proprio la prima impressione che ho avuto appena arrivata ai Giardini della Biennale. I pochi visitatori, i controlli ai cancelli, i padiglioni chiusi, un senso di vuoto.
Le sale espositive
La Biennale di Venezia compie 125 anni. Un anniversario un po’ particolare, purtroppo senza festeggiamenti.
Dopo una prima impressione un po’ strana, entrata nel Padiglione Centrale, le cose sono cambiate. Ho seguito il percorso delle sale e mi sono ritrovata dentro una storia veramente unica. Questa Biennale è inconsueta ma molto interessante, ci si perde a leggere i documenti, le lettere di protesta o di richiesta e a guardare i filmati. Il lavoro di ricerca, selezione e ricostruzione è stato meticoloso e preciso.
Consiglio vivamente di prendere la guida cartacea che si trova proprio all’entrata del Padiglione Centrale. Le Sale sono 13, le testimonianze moltissime, quindi seguire passo passo la guida è un po’ difficile, mettiamola in borsa e lasciamoci portare dalla curiosità. Cercherò di raccontare questa visita attraverso le sale che più mi hanno colpito.
Il periodo del Fascismo
Le prime sale sono dedicate agli anni tra 1928-1945. Attraverso molti documenti, filmati, immagini, scritti ufficiali, lettere e manifesti, i curatori ricostruiscono un percorso che parte dagli anni della dittatura fascista alla fine della seconda guerra mondiale con i conseguenti riassetti politici. Nonostante i tempi difficili e grazie all’impegno di personalità importanti parteciperanno a queste Esposizioni artisti italiani di spessore come per esempio Campigli, Carrà, Casorati, Sironi, Soffici, Martini e Morandi. A livello internazionale poi per la prima volta in Italia arriveranno opere di artisti come Chagall, Klee e Mondrian. A partire dagli anni trenta la Biennale diventerà Esposizione Internazionale d’Arte Contemporanea, completamente assoggettata al regime. Molto interessanti i documenti che attestano questi anni difficili. Anche in piena guerra, nel 1942, senza personale e con l’Italia in completo isolamento, l’Esposizione si farà.
La Biennale è come una spugna, assorbe, codifica, assimila, vive e si trasforma, diventando testimonianza dei tempi. L’edizione del 1948 è la prima grande Mostra Internazionale europea dopo la guerra. Importanti gli eventi di questa biennale: la prima personale di Picasso, la Collezione di Peggy Guggenheim al padiglione Greco, il Fronte nuovo delle Arti nel Padiglione Italia. Interessanti anche le mostre storiche dedicate agli impressionisti, all’arte degenerata e alla Metafisica. Tra le opere di De Chirico, le Muse Inquietanti del 1916.
Mi è piaciuta moltissimo la ricostruzione del modellino del Padiglione Peggy Guggenheim alla Biennale del ’48. Capisco L’emozione di Peggy vedendo il suo nome sul Padiglione Greco. Infatti, da come disse, le sembrò di essere diventata una Nazione.
Molto interessanti i documentari di alcune Biennali, come quella del ’68. Nel filmato di questa esposizione, il commentatore raccontava quello che succedeva all’interno, mentre fuori si manifestava in piazza, con un tono, una calma e un’ironia mi ha fatto sorridere.
A partire dagli anni ’60/70 gli scandali, le polemiche, le censure diventano di norma e la Biennale si fa “amplificatore mediatico”. Iniziano a partecipare i grandi “Curatori” che faranno di queste Esposizioni delle vere e proprie Mostre d’Arte, ricche di contenuti da comunicare e di tematiche impegnate.
Dalle prime sale alle ultime siamo davanti alla testimonianza della reale trasformazione della società e della morale comune. Cambiamenti di gusto, provocazioni, scandali, censure portano a mutare il “comune senso del pudore”. Anche la Biennale si trasforma, si apre, esce dai suoi spazi, coinvolge più artisti, nuovi luoghi.
Negli anni ’80, per le Arti Visive ci sarà la prima edizione di “Aperto”, la nuova sezione per l’arte giovane. Gli anni ’90 sono segnati da una nuova ondata di cambiamenti a livello globale. La trasformazione di questa Istituzione continua fino alla famosissima edizione di dAPERTutto del 1999, affidata da Paolo Baratta, al celebre curatore Harald Szeemann che per le Arti visive realizza una “mostra innovativa e visionaria”, dove cadranno tutti i confini, si espanderanno i luoghi e gli spazi, sarà l’era della globalizzazione.
All’uscita della Biennale mi sono seduta proprio davanti alla laguna con la guida in mano e ho ripensato alla visita. Questa Biennale è interessante ma mi ha lasciato una sensazione strana, una specie di inquietudine che non riesco a togliermi di dosso.
Mi è tornata in mente la Biennale di Arti Visive dell’anno scorso e il suo titolo, “May You Live In interesting Times”. “Che tu possa vivere in tempi interessanti”. Anche se attribuito falsamente ad un “antico anatema cinese”, l’augurio si riferiva proprio ai tempi difficili, quelli che s’inquadrano nelle grandi crisi epocali. Nel presente tutto é sospeso e rimandato.
La cosa strana è che questo 2020 è caratterizzato proprio dall’assenza. I protagonisti dell’arte sono assenti e il vuoto si sente. L’arte contemporanea ha la capacità di leggere la realtà in cui viviamo in maniera molto attenta, prevedendo anche la traiettoria in cui stiamo andando. I tempi “interessanti” sono arrivati, oggi più che mai li stiamo vivendo, eventi che non avremmo mai immaginato possibili, si sono avverati.
“Le muse inquiete”, le muse ispiratrici dell’arte, sembrano proprio significare questo. L’inquietudine è un sentimento particolare, un turbamento dell’anima, che per certi aspetti è angosciante ma che da un lato è anche portatore di stimoli nuovi, fa pensare, fa agire. Guardate che storia abbiamo avuto, sembrano dire le Muse dell’arte, che crisi ci sono state, le guerra, le ribellioni, il dissenso, gli scandali eppure da tutto questo è uscita sempre la creatività, la voglia di scoprire, di sperimentare, la voglia di trovare soluzioni alternative.
La creatività richiede coraggio e vedere è già un atto creativo, come diceva Henri Matisse.
Per visitare la Biennale si può acquistare il biglietto esclusivamente online, fino all’8 dicembre.
Articolo di Morena Schiffo – Art Lover del Club delle ragazze con la valigia