Curaçao, la più grande delle isole ABC delle Antille Olandesi, merita senza dubbio di essere visitata. Le Antille Olandesi si trovano nella regione caraibica delle Piccole Antille e si affacciano direttamente sulla costa venezuelana. La loro peculiarità è quella di essere al di fuori della rotta degli uragani, per cui il sole è presente pressoché tutto l’anno e, grazie all’azione degli alisei, il clima tropicale è meno afoso.
Fare sub a Curacao: che cosa sapere e come organizzare il viaggio
Solitamente i voli dall’Italia richiedono uno scalo in Germania o nei Paesi Bassi: noi siamo partiti da Milano Linate e, dopo uno scalo a Dusseldorf, siamo arrivati all’aeroporto internazionale di Hato, a una decina di chilometri dalla capitale, Willemstad.
Willemstad è una bellissima cittadina coloniale che viene divisa in due quartieri dal Queen Emma Bridge, un ponte galleggiante che, previo un segnale acustico, si apre per permettere il passaggio delle navi e che, dal 1997, è entrata a fare parte dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO.
Consiglio vivamente ai subacquei di passare la giornata di “no-fly” a dedicarsi alla scoperta di questa incantevole città, girovagando tra le case coloniali color pastello, i monumenti storici come Fort Amsterdam, l’attuale sede del governo, e Rif Fort, trasformato in un centro commerciale che offre uno spettacolare scorcio sulla baia, il caratteristico mercato galleggiante e il poco distante mercato coperto, rinomato perchè si può degustare la migliore cucina locale a prezzi contenuti, e alcuni dei musei presenti sull’isola, come per esempio il Museo Marittimo e il Museo Kura Hulanda sulla storia della tratta degli schiavi in quest’isola.
All’aeroporto si può decidere se servirsi degli autobus pubblici, affidabili ma lenti, se noleggiare un’auto, attenzione perchè la segnaletica non è proprio accurata, o prendere un taxi.
Consigli pratici per fare sub a Curacao
Noi alloggiavamo al Kura Hulanda Lodge & Beach Club direttamente su Playa Kalki, a Westpunt, la parte più occidentale dell’isola, famosa per le eccellenti immersioni che si possono effettuare sia da terra che da barca; la scelta è stata motivata anche dal fatto che, direttamente sulla spiaggia, c’è un centro diving di cui ci siamo serviti per il noleggio delle bombole e per effettuare le immersioni dalla barca.
In queste isole i diving offrono anche pacchetti di soggiorno tipo “drive, stay and dive” con alloggi convenzionati e che, oltre al pernottamento, comprendono il noleggio auto e quello delle bombole.
Come ho già accennato in questo post, tutta l’attrezzatura può essere noleggiata presso il centro diving; per chi avesse la propria, una muta umida da 3 mm va benissimo: la temperatura media dell’acqua è di circa 21°C e le immersioni non sono profonde.
Da Playa Kalki si accede direttamente a uno tra i migliori siti d’immersione dell’isola, “Alice in Wonderland”. Immergersi qui è un po’ come scendere nella tana del Bianconiglio: mano a mano che ti immergi ti sembra di diventare sempre più piccolo mentre le formazioni coralline diventano sempre più grandi e ricche di numerosi nascondigli per personaggi inusuali come quelli che si trovano nel romanzo di Lewis Carroll!
Il pesce leone: una bellezza mostruosa
Una delle cose che ci stupì già dalla prima immersione fu l’enorme quantità di pesci leone in un posto dove, secondo noi, non dovevano esserci.
Per chi non lo conoscesse, è un incantevole pesce originario del sud-est asiatico ma ormai ubiquitariamente diffuso, che raggiunge da adulto le dimensioni massime di circa 30 centimetri, ha una grande bocca, due occhi sporgenti e una fronte alta su una testa relativamente piccola e il cui corpo è decorato da striature verticali bianche e marroni.
La particolarità di questo pesce è di avere lunghe pinne distese a raggiera intorno al corpo che mimano la folta criniera di un leone e aculei veleniferi sul dorso: le pinne dorsali sono lunghe, sfrangiate e ben evidenti e collegate a ghiandole velenifere. Il veleno contiene una potente neurotossina che può essere molto pericolosa anche per l’uomo, ma ricordiamoci che il pesce leone non è aggressivo con i subacquei e non ne costituisce una minaccia, sempre che non venga importunato. Per cui ricordiamoci di guardare ma non toccare e di rispettare tutta questa dimensione in cui siamo ospiti!
Grazie a questa appariscente arma da difesa i pesci leone nuotano indisturbati in prossimità della barriera corallina, con una lentezza quasi esasperante e con un assetto da fare invidia anche al subacqueo più esperto, senza preoccuparsi di eventuali predatori: gli unici infatti che sono in grado di non risentire del loro veleno sono gli squali e le cernie.
La salvaguardia del reef caraibico
Tornando al nostro stupore, abbiamo appreso che non si sa esattamente come questo pesce sia arrivato ai Caraibi, l’ipotesi più accreditata è che con l’uragano Andrew si sia verificata, in Florida, la rottura di acquari contenenti pesci esotici, ma è certo che entro la fine del 2013 era ormai diffuso in tutta la regione. Infatti, tali pesci hanno una eccellente capacità di adattamento, sono dei voraci predatori, si riproducono velocemente e sono relativamente resistenti ai parassiti che aggrediscono le specie locali: tutto ciò spiega la loro rapida diffusione in questo mare e la preoccupazione dei biologi marini sull’impatto ambientale in un ecosistema corallino che non ne prevedeva la presenza.
Abbiamo anche scoperto che ai Caraibi ci sono numerose associazioni impegnate in programmi di controllo dello sviluppo di questa popolazione e che organizzano delle vere e proprie battute di caccia con subacquei volontari. Poiché questo predatore è molto intelligente, non morde gli ami, evita le reti e, se cacciato, può essere pericoloso, ci sono dei programmi che insegnano ai subacquei come catturare questi pesci senza essere punti, ovvero con un leggero arpione e un tubo in cui riporli.
I giovani pesci leone si trovano all’aperto sulla barriera corallina e sono abbastanza facili da catturare, mentre quelli più anziani, ed esperti, quando sentono o vedono arrivare un subacqueo scompaiono entrando nella barriera e nascondendosi tra le varie sporgenze.
Queste associazioni diffondono anche indicazioni su come pulire l’invadente predatore in questione in modo da poterlo cucinare e mangiare senza pericolo di avvelenamento. Il famoso cuoco colombiano Jorge Rausch infatti lo definisce un “mostro marino dalla carne squisita” ed afferma che, pur sembrando paradossale, mangiando tale pesce si può aiutare l’ambiente.
Se vi è venuta voglia di fare sub a Curacao, salvatevi questo post per quando si potrà tornare a viaggiare come prima e, se avete domande, lasciatele in un commento!
Articolo di Valeria Maccabruni – Diving Lover del Club delle Ragazze con la Valigia